Si parla tanto di felicità. Ma ancora di più si parla di infelicità.
Si legge di infelicità, si dà infelicità, si cerca infelicità (senza saperlo!), si crede che solo questo ci riservi, in fondo in fondo, la vita.
La nostra mente è più ricettiva verso l'infelicità che la felicità.
E' il mio punto di vista, certo, ma guardandomi intorno, ora più che mai, ho tratto questa conclusione.
Troppi i motivi di disperazione/lamentela: non avere un lavoro, un fidanzato/marito/figlio, non essere ricchi, belli ecc.
A chi non manca almeno un buon motivo per essere infelice???
Nella lettura dei vari blog (esperienza stupenda) scopro tanta umanità nelle persone, tanta voglia di vivere e di realizzare i propri sogni, se non fosse per quell'inclinazione all'infelicità che rovina tutto, che insinua il tarlo dell'insuccesso, della solitidine profonda, del disagio.
E io ne so qualcosa!
Appena finita l'Accademia di Belle Arti (sogno nel cassetto realizzato) mi sono sentita talmente inadeguata e priva di talento che ho smesso di dipingere, senza più riprendere.
Ho vissuto anni molto bui in cui non mi riconoscevo più, non sapevo che fare, dove andare, mi sentivo così priva di energia.
Sono stati anni bui.
Anche quando mi trovavo in Scozia, altro sogno nel cassetto realizzato, c'era sempre un qualcosa che mi faceva essere nuvolosa, un filtro grigio che depurava al contrario le mie esperienze.
Quella felicità così vicina e così lontana...
Perchè?
Dopo anni la mia risposta (ognuno troverà la sua) è che non sono stata educata alla felicità.
Già, non è scontato essere felici, non è duraturo questo stato, se nessuno ti insegna come fare.
Me sono resa conto osservando i bambini, se non gli insegnamo ad essere felici non facciamo altro che trasmettere una serie di : "No, questo non si fa, questo è sbagliato, questo è vergognoso ecc.".
E poi? I divieti li renderanno felici? Manco per sogno.
Allora come si fa?
Da tre anni mi sto ri-educando alla felicità, altrimenti chi voglio prendere in giro? Se non sono felice io come faccio ad insegnare ad un' altra persona ad esserlo?
Prima di tutto ho chiarito con me stessa che felicità non è = estasi.
L'estasi è davvero passeggera.
Felicità è gioia profonda, è apprezzamento della preziosità della mia vita così com'è, con la consapevolezza che in ogni persona c'è una parte buia e una luminosa.
La mia felicità dipende da me, io ne sono pienamente responsabile, io la posso costruire giorno per giorno, qui dove sono, così come sono. Vado bene così. Trasformo pian piano "il veleno in medicina", passo dopo passo, cado e mi rialzo. Determino ogni giorno di volere essere felice, per rendere più felice il mio ambiente.
Così si innesca un circolo virtuoso.
Non è facile ma neanche impossibile.
Non ce l'avrei mai fatta da sola. Conosco persone naturalmente felici, in pace con la vita; ma io (per natura) non sono tra quelle. Troppe lotte interne mi dilaniano, sono un tipo collerico, impulsivo, impaziente, insomma questi non sono ingredienti proprio adatti per la costruzione della felicità...eppure, incredibile, sto imparando!
Qualcuno storcerà il naso, comunque visto che ho iniziato a parlare non voglio chiudere il post lasciando credere che pratichi training autogeno o faccia semplicemente yoga.
Non voglio essere ipocrita, perciò dico anche che il mezzo che mi permette di essere felice è la pratica quotidiana del Buddismo di Nichiren Daishonin ( e l'adesione all'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai). Nam myo ho renge kyo è ciò a cui mi dedico.
Non me ne vergogno, anche se negli ultimi tempi si ha quasi paura a dire che uno ha credenze religiose.
Non sono atea. Ho provato ad esserlo. Ho rinunciato.
Questa è la mia esperienza di tutti i giorni, questa è la direzione che ho voluto dare alla mia vita, con una brusca sterzata!
" Vivere gioiosamente è importante. Dobbiamo indirizzare con ottimismo la nostra mente in una direzione positiva e aiutare gli altri a fare lo stesso. E' necessario sviluppare uno stato vitale in cui proviamo gioia, qualsiasi cosa accada."
Daisaku Ikeda